La sera di domenica 25 agosto, alla “Masseria Mangiato” di Martina Franca (Taranto), Aldo Busi ha incontrato il pubblico nell’ambito del “Festival dei Sensi”. Pubblichiamo (in una versione da noi riveduta e corretta) il breve resoconto dell’evento apparso lunedì su ‘Martinanews’, supplemento della testata online Valleditriananews.it. Un grazie alla redazione di ‘Martinanews’ per averci fornito le foto che pubblichiamo a corredo dell’articolo.
Aldo Busi dedica al cielo di Taranto, e dell’Ilva, la serata trascorsa alla Masseria Mangiato a Martina Franca nell’ambito del “Festival dei Sensi”. Una serata in cui lo scrittore ha raccontato la sua idea di cielo al pubblico che ha affollato lo spiazzo della masseria. Anzi, ha dato proprio la sua definizione: “Il nostro cielo deve essere la democrazia“.
Per arrivare a questa conclusione, il ragionamento di Busi parte dal Decameron di Boccaccio, che Busi ritiene indubbiamente migliore della Divina Commedia, in quanto non è un’opera di propaganda politico/ecclesiastica, ma racconta di verità, di fatti di popolo, di cose attuali anche oggi. Non a caso, i primi due riferimenti al cielo sono due modi di dire: “Sono al settimo cielo” e “Toccare il cielo con un dito”.
Ma le riflessioni di Busi, che partono dalle lettura di due novelle del Decameron, vanno oltre e arrivano alla stretta attualità, con riferimento al problema democratico che in questo momento vive l’Italia. Si rimane quindi su un piano non trascendente, perché la vita, dice Busi, è qui e ora e non dopo, magari indicata da chi con una mano indica il cielo e con l’altra “vi sfila il portafoglio“. Facendo riferimento ai Promessi Sposi di Manzoni, in particolare alla prima stesura del romanzo, Busi racconta che il problema delle cosiddette “caste” era evidente e conclamato anche allora: “Manzoni si scaglia contro le confraternite, quelle che oggi noi chiamiamo “caste”. Sono tutte caste che in qualche misura si danno l’alibi di un fine superiore per praticare impunemente tutti i loro fini inferiori, meschini e bastardi. Io mi chiedo sempre: ‘Ma fino a quando noi subiremo?’“. E quindi: “Per me il cielo è camminare sulla superficie, rispettando la superficie, senza senso di superiorità… Io non ho un cielo da vendere, perché non voglio vendere un cielo. Io voglio tenermi in affitto questo pezzo di terra che è stato dato a me come a tutti quanti. E’ contrario a me indicarvi un cielo, un altro al di là di voi, perché starei proprio per vendervi una sede. Io sono stanco di gente che ha bisogno di credere in tutto, meno che in se stessi“.